Citazioni


mercoledì 4 giugno 2014

κἁθαρσις

                                                                   Questo racconto è nato da una collaborazione degli autori Chiara e Vorgh.



                                                                  I

Era un giovedì grigio e luminoso, di quei giovedì che portano insopportabili mal di testa, quando Jay entrò nel caffè bistrot di fronte alla stazione della metropolitana vicino casa sua. Jay era uno scrittore, o meglio, Jay aveva scritto un romanzo, che il quarto giorno dopo il suo trentatreesimo compleanno era ancora nient'altro che un manoscritto consumato dalla pioggia, dal caffè e dalle mani sporche. Per la prima volta in dieci anni, Jay si sentì sconfitto e deluso. Entrò in quel caffè non per lavorare ed editare il romanzo compiacendo l'editore di turno, ma soltanto per bere un caffè. Non aveva mai considerato l'idea di poter entrare in un bar per consumare soltanto. Solitamente c'era sempre una buona ragione per ordinare qualcosa in un bar e restarci dentro. Quel giorno era diverso, doveva soltanto prendere un caffè. Dopo aver ordinato un caffè al ginseng, posò il suo sguardo sul frontespizio e sospirò: La connessione tra le stelle. Era questo il titolo della sintesi dei suoi fallimenti, una flebile e immaginaria mappatura, tra tutti gli elementi della natura, appena infranta. Ebbe improvvisamente la sensazione di essere osservato, studiato da una presenza, quindi alzò lo sguardo e si rese conto che tre tavoli più avanti, vicino ad un'ampia finestra con in sovrimpressione il nome del caffè scritto in carattere verdana e colore rovere, c'era una giovane donna, composta in una posa elegante, ma non povera di naturalezza. Jay notò che lo sguardo della donna non era né ammiccante né indifferente, ma palesemente incuriosito. L'uomo si sentì per un attimo lusingato, ma un secondo dopo il manoscritto lo riportò ad uno stato di malessere interiore che gli fece contrarre i muscoli dello stomaco facendogli risalire su per l'esofago l'acido del caffè. In uno scatto di rabbia Jay gettò via il manoscritto, facendolo scivolare sotto ad una sedia. Fece in tempo a sbuffare e a spingere indietro la sedia dove era seduto per alzarsi e andarlo a raccogliere, che la donna con la stessa compostezza che la caratterizzava da seduta si alzò, raccolse il manoscritto, si avvicinò al tavolo e glielo porse.
- Grazie, ma non mi serve più.
- Io non ne sarei così convinta. Dimmi, cos'è?
- E' un manoscritto. Il mio manoscritto. Il romanzo della mia vita.
- Allora non dovresti gettarlo via. Getteresti via la tua vita?
- No, mai. - disse l'uomo scuotendo la testa.
- Ma è quello che hai fatto fino ad ora, e che continui a fare stando qui tutto solo, a rimuginare sui tuoi fallimenti.
- Che ne sa che si tratta di un fallimento?
- Con il tempo imparerai che io so molte cose, ma adesso non importa.
- D'accordo, in fondo ha ragione lei: è la mia più grande delusione. Dopo anni di fatica, speranza e scelte di vita rette questa non è altro che la chiave di volta di un edificio destinato a crollare. Questo lavoro non fa per me. - si lamentò l'uomo accarezzando i capelli una mano.
- Quante belle parole solo per dire che fino ad ora hai vissuto la tua vita senza comprenderne il senso né il modo giusto per affrontarla. Il problema non è il tuo manoscritto. Sei tu.
- Mi stupisce che lei parli così di me, come se mi conoscesse da tempo. Ci siamo già incontrati? Perché mi fissava poco fa?
- Oh, io ti conosco da sempre, e so che hai qualcosa annidato in fondo all'anima, e non aspetti altro che qualcuno te lo strappi fuori con forza. - la donna sussurrò le parole con una delicatezza fuori dal comune.
- Lei non mi conosce, non sa quello che ho fatto per cercare di rendere la mia vita perfetta. Sono anni che mi preoccupo degli altri e neanche una ricompensa per questo. Mi hanno educato a coltivare dentro di me una morale figlia di utopie, sistemi di rettitudine disegnati dall’umanità in millenni, risultati di scelte accettate dalle maggioranze dei più forti. Dai tempi dell’infanzia, quando gli istinti per gli altri sono meno controllabili, quell’energia che dentro di me stava crescendo era già potente e teneva a bada i miei impulsi: evitavo lo scontro con i miei coetanei, cercavo sempre di coprirli dagli adulti, se provocato non reagivo, mi dicevo che non era il modo di affrontare il problema, e che la mia infinita e potente morale avrebbe vinto su di una violenza istintiva e temporanea, povera. L’amore è sempre stato la chiave di tutto. Quanta più speranza riservi per l’umanità, tanto più amore riesci a produrre e a dedicare ad essa, e di conseguenza quell’energia fatta di morale che ti coltivi dentro è sempre più potente. Gli esseri umani lo capiscono dalla mancanza di veli che ti caratterizza, trasparente affinché una luce brillante attiri l’attenzione sul messia che credi di essere. Le mie donne, le ho amate tutte, con dispotica e rigida moralità, cieco di qualunque tipo di sfumatura, cieco di quell'elemento che caratterizza ogni emozione. La cecità che mi ha fatto fuori dai giochi. Un cieco non può vincere i tornei di freccette. Il mio romanzo, l’impegno e l’anima che ci metto da dieci anni per pubblicarlo. Tante illusioni e nessuna concretizzazione. Sono nient’altro che un ammasso di carne, con “la morale dentro di me e il cielo stellato sopra di me”, direbbe Kant. Nient’altro che pura energia fine a se stessa. Adesso, a trentatré anni, non posso che realizzare che ho costruito soltanto castelli immaginari alimentati da una speranza che ho esaurito. Queste carte sono nient’altro che la materializzazione di anni di beneficenza per un mondo che non l’ha mai chiesta. La delusione di una vita dedicata all’irreale.

La sconosciuta con un'espressione impassibile disegnata in volto, spinse il manoscritto avvicinandolo a Jay, quindi sospirò e inarcò un sopracciglio verso l'alto. Decise di sorridere, poi si rivolse allo scrittore.
- Oh si, tutto questo è davvero molto commovente…e patetico. Il tuo sforzo per compiacere gli altri è patetico. Ogni singolo giorno della tua vita sprecato a preoccuparti delle persone che ti stavano intorno senza renderti conto che non è mai importato a nessuno di te, neanche alle persone che ti sei illuso di aiutare o di amare. Forse le hai aiutate e amate davvero, ma sei servito solo a raggiungere i loro scopi, e dopo che lo hai fatto si sono dimenticati di te. Cos’è, speravi forse che un giorno avrebbero ricambiato mostrandoti la loro gratitudine, oppure offrendoti una mano nel momento in cui tu ne avresti avuto bisogno? O sei uno di quelli che crede nella salvezza dell’anima? Oh no, tu non sei così lungimirante, né così intelligente. Tu fai del bene agli altri perché credi che sia giusto. Ma capirai, guardando dentro te stesso, che la beneficenza è la più grande forma di egoismo. È il seme che germoglia dentro ogni essere umano, e dal quale escono i rami che afferrano i sogni e li rendono concreti. Accetta l’egoismo che è dentro di te, nutrilo, usalo, fallo diventare la tua forza. Sii presuntuoso, non magnanimo, e utilizza la presunzione in modo intelligente e costruttivo, convinciti di essere migliore degli altri, non perché sei il messia dell’epoca moderna, ma perché quello che vuoi fare davvero lo fai meglio di chi ti sta intorno, e lo sarai. Non utilizzare le tue parole per adulare le persone, fallo per convincerle, per raggirarle, di’ loro quello che vogliono sentirsi dire, ma senza mostrare un minimo accenno di sottomissione, altrimenti sarai sottomesso per il resto della tua vita. Spalanca gli occhi ed esci dal tuo sogno utopico dove le persone buone saranno ricompensate. Non esiste ricompensa per i puri di cuore, né in questa vita, né in nessun’altra.
Jay si sentì improvvisamente meglio, rincuorato dall'aver scoperto che davvero aveva fatto degli errori fino a quel momento. Era stanco delle difese che prendevano continuamente nei suoi confronti le persone che dicevano di volergli bene. E' l'abilità rara di uno sconosciuto di sezionare una situazione obbiettivamente, considerando qualunque eventualità senza minimamente essere propenso a mettersi nei panni del povero disperato di turno che cerca conforto. E' pura magia. Jay non controllò minimamente la sua lingua e gli scappò una domanda che non avrebbe posto normalmente.
- La posso invitare a cena?
In quel preciso istante il cellulare di Jay squillò e catturò il suo sguardo. Realizzò, leggendo il nome che comparve sullo schermo che era tranquillamente tralasciabile, quindi lo silenziò premendo un tastino sul bordo destro, infine rialzò lo sguardo verso la sconosciuta, ma era scomparsa. Jay si guardò attorno con agitazione, ma non la trovò. Era svanita nel nulla. Provò a chiedere ai dipendenti del caffè se la conoscessero, senza alcun risultato. Sembrava quasi fosse stata di passaggio, come un fantasma.


                                                                  II

Jay fu segnato da quell'incontro, tanto che nei tre anni successivi la sua vita cambiò radicalmente. A distanza di tre anni precisi, lo scrittore solo e deluso dalla vita, seduto in un bar con un manoscritto rovinato dagli anni, barba non fatta e vestiti dozzinali si era nascosto in uno di quei cassetti che non si aprono più per anni. Il cassetto dove si era rifugiato il vecchio Jay era destinato a restare chiuso ancora per molto se non per sempre. Quella sera Jay si trovava ad una cena di lavoro in un albergo di lusso, circondato da ricchi imprenditori ben vestiti, non sfigurando affatto. Il suo abito spiccava per eleganza e leggerezza: la pregiata composizione in lana vergine e poliammide risaltava una lucidezza per una tinta unita tendente all'antracite, la giacca con doppio bottone grazie al perfetto equilibrio tra gli spacchi laterali posteriori e le due échancrures vantava di una vestibilità impeccabile per il suo tonico busto, mentre le tasche a filetto con la patta nascosta e i revers del monopetto con punti ornamentali facevano il loro lavoro decorativo nel migliore dei modi e per finire pantaloni slim-fit come se fossero stati cuciti su misura per lui, sorretti da una più che dignitosa cintura di cuoio nero chiusa con gancetto , gli donavano un'aura di giovinezza eterna e cristallizzata. Jay era lì come accompagnatore di una delle più ricche imprenditrici del paese. Si trattava di una cena di lavoro anche per lui. Iniziava a piacergli la bella vita. Non doveva più disperarsi adesso che aveva capito che era così che poteva ottimizzare le sue abilità per inserirsi al meglio nel mondo vincente. La cena era finita da circa una mezzora e la sopportazione dei discorsi da uomini d'affari aveva raggiunto il limite, così decise di allontanarsi per andare a bere qualcosa al bar dell'hotel. Si allontanò con un portamento unico, cosa che lo rendeva avvenente perfino per un ambiente d'élite come quello. Arrivato al bancone ordinò un vodka tonic, che risultò essere perfetto a contatto con le sue papille gustative. Una donna lo distrasse istantaneamente dall'esperienza sensoriale che stava provando grazie al barista di turno: era la donna che aveva incontrato tre anni prima al caffè bistrot. L'aveva intravista diverse volte per le strade della città ma non era mai riuscito a fermarla. I due iniziarono a fissarsi a lungo in silenzio finché Jay non fece un sospiro profondo e le si avvicinò, quindi rivolgendosi al barista ordinò un altro drink.
- Sono a posto così.- mostrando il bicchiere pieno.
- Posso sedermi più vicino? - sedendosi al fianco della donna - Mi è sembrato di vederti un paio di volte negli ultimi anni, ma non sono mai riuscito a fermarti. Quella volta al bar, sei scomparsa nel nulla, proprio quando stavo per invitarti a cena. Direi che è l'occasione adatta per ritentare.
- La tua accompagnatrice potrebbe avere qualcosa da ridire a riguardo. Non è gelosa delle cose che le appartengono? - affermò con sarcasmo la donna.
- Non sono un oggetto. Questo è il mio lavoro, le donne sono un'altra cosa, me le scelgo.
- Ma hai un prezzo e puoi essere comprato. Non è questo il lavoro in fondo? - disse la donna, dopo una pausa durante la quale roteò le labbra in senso antiorario ingoiando un sorso del suo drink.
- Certo, tutti hanno un prezzo. Io valgo molto, come puoi vedere. Ad ogni modo ho sempre una personalità e se voglio invitare una donna a bere qualcosa lo faccio, non posso lavorare a tempo pieno.
- Se ti venisse richiesto sono sicura che lo faresti senza batter ciglio, per il giusto prezzo.
- Voglio di più. Adesso me la cavo bene, l'hai notato, ma resta il fatto che ho ancora quel manoscritto e voglio pubblicarlo. Non voglio fare la puttana per il resto della mia vita.
- Allora non farlo. Sai quanto me che sei destinato a qualcosa di più che essere il giocattolo di qualche ricca signora sola e frustrata che non ha altro da esibire che te. Hai continuato a sprecare il tuo tempo fino ad ora, ma almeno hai imparato che bisogna essere pronti a tutto per raggiungere i propri obiettivi.
- Quanto sei brava a dirmi cosa devo fare ogni volta, lo fai senza neanche conoscermi.- disse prendendosi subito dopo una pausa per sorseggiare il cocktail - Io non ti conosco affatto. Per questo dovresti darmi il tuo numero di telefono, aspettare che io ti chiami e accettare un mio invito, per conoscerci meglio.
- Io ti conosco più di quanto tu possa immaginare. E non mi sorprende affatto che tu non abbia ancora capito che questo è l’unico gioco in cui non hai nessun controllo.
- Quale gioco?
In quel momento l'imprenditrice che aveva portato con sé Jay, si incuriosì notandolo in presenza di una figura femminile ignota, e ad un impulso scaturito da una gelosia reagì avvicinandosi al bancone e accarezzando la spalla dell'uomo che aveva comprato e pretendeva di toccare e riportarlo all'ordine in qualunque momento. Jay fu colto di sorpresa, come se in uno stato di amnesia avesse dimenticato chi accompagnasse quella sera. Si alzò cercando di essere il più naturale possibile, quindi la salutò con un sorriso.
- Jay tesoro, è tutto concluso, possiamo tornare a casa se vuoi. - disse la nuova arrivata rivolgendosi all'uomo ma guardando la donna per poi rivolgersi direttamente a quest'ultima dicendole: - Ci conosciamo?
La giovane donna tacque, ricambiando lo sguardo con indifferenza.
- E' una vecchia amica dai tempi dell'università. - disse Jay cercando di non dare spazio a momenti di tensione.
- Ha un nome questa tua amica?
- Certo che ce l'ho. - disse la giovane donna liquidandola in pochi secondi per poi rivolgersi a Jay dicendo: - Puoi andare, ci rivedremo presto Jay saprò come trovarti.
La Padrona di Jay si limitò a sbuffare accennando ad una risata tendente all'isterico, poi si voltò. Jay capì che l'unico modo per riprendere in mano la situazione sarebbe stato quello di andare via al più presto.
- Si, si è fatto abbastanza tardi, andiamo tesoro. Piacere di averti rivista Vì, buona serata.
La coppia si diresse in silenzio alla macchina dove una discussione violenta ebbe inizio. La coupé partì sgommando, agli ordini degli stati d'animo dei padroni.



                                                                 ***


Ah, il seme della discordia. Quanti inutili sforzi compie l’essere umano per reprimere ciò di cui ha più paura. La solitudine. Tutti loro si illudono che i propri sentimenti siano puri e sinceri, senza rendersi conto di quanto il loro animo sia troppo contorto e corrotto dall’alba dei tempi per poter trovare all’interno di esso la purezza che cercano disperatamente. E disperatamente fanno di tutto per evitare se stessi, per non restare da soli con il proprio riflesso nello specchio, altrimenti dovrebbero fare i conti con tutto ciò che si sono illusi di provare fino a quel momento, e si renderebbero conto di come tutto scompare e si fonde nell’egoismo.
Amicizia, affetto, amore, odio, rabbia, gelosia...
Gli uomini credono di legarsi gli uni agli altri grazie a tutti questi sentimenti, ma niente di tutto ciò esiste. Solo l’egoismo è alla base dei rapporti umani, di qualunque tipo essi siano. Dietro di essi c’è solo un tornaconto personale.
L’amore, l’amicizia, l’affetto, i sentimenti considerati tra i più puri di tutti, sono solo giustificazioni imposte dalla società per nascondere che l’unica vera motivazione dell’esistenza di questi legami è l’istinto di sopravvivenza dell’uomo che lo spinge a non restare solo, perché da solo non esiste, è troppo debole per bastarsi.
Un uomo solo non ha niente, e non è niente.
Lo sbraitare di una donna contro il proprio uomo dopo averlo visto corteggiare un’altra donna non è una dimostrazione d’amore, non esistono le dimostrazioni d’amore, perché l’amore stesso non esiste. La paura di restare soli esiste, ed è palpabile, oh, lo è eccome!
E rende folli, come folle mi sembra questa donna che urla, schiacciata dalla consapevolezza che anche stanotte la sua tristezza urlerà nel buio di una stanza vuota.

Mentra Vì si dedicava a tali riflessioni dal numero tre di una delle strade più ricche e panoramiche della città, uscì Jay nervoso e con la cravatta slacciata. Non appena notò Vì proprio lì fuori, senza neanche chiedersi come fosse arrivata fin lì, la superò senza degnarla di una parola. La giovane donna prese a seguirlo a passo lento e tranquillo, accostandosi al lato destro dell'uomo.
- E' inutile che tenti di evitarmi Jay, non puoi sfuggirmi. Ti troverò in qualunque posto tu vada.
Jay fermandosi improvvisamente le rispose: - Non ho alcuna intenzione di sfuggirti. Voglio rivederti subito. Domani. Adesso. Perché rimandare? Vieni subito a casa mia. Ti ho chiesto il numero, mi hai ignorato. Sbuchi dal nulla quando ti pare, non ti presenti, mi metti in difficoltà con il mio lavoro e poi sputi sentenze sul mio modo di affrontare la vita come se fossi mia madre. Chi ti credi di essere?
- Certo che non hai intenzione di sfuggirmi, tu hai bisogno di me, sono l'unica che ha avuto pietà di te e ha deciso di darti la possibilità di dimostrare chi puoi essere davvero. Ma forse mi sono sbagliata, tre anni fa in quel bar, mentre sentivo i tuoi pensieri di autocommiserazione invadermi. Forse ti ho sopravvalutato dato che tutto ciò che hai saputo fare in questi tre anni è stato nasconderti sotto le gonne di qualche donna ricca che ti ha trovato attraente. Volevo trasformarti in un uomo, ma tutto quello che hai saputo fare è stato trasformarti in un oggetto, dopo tutto quello che ti ho detto, che spreco…
Senza riflettere un secondo di più Jay perse la testa e afferrò Vì per le braccia sbattendola contro il portone di un edificio. Immobilizzatala con i gomiti congiunse le mani al collo della donna, iniziando a stringere sempre più forte.
- Chi cazzo sei tu per parlare così? Ti spezzi così. Ti uccido. - sussurrò tra un sospiro affannoso e l'altro Jay.
La giovane donna iniziò a ridere di gusto, e più la donna insisteva a ridere, più Jay continuava a stringere, sempre più forte.
- Smettila di ridere, non c'è nulla da ridere.- le disse quasi urlando.
Improvvisamente Vì si fece seria e penetrò l'uomo che gli stava stringendo il collo con lo sguardo, uno sguardo quasi inumano che fece mollare la presa a Jay istantaneamente.
- Non osare minacciarmi. - disse seria la donna.
Jay iniziò a retrocedere lentamente, poi sempre più veloce, quindi si voltò e corse verso l'auto.
- Non farmi pentire di averti scelto. - ribadì la donna mentre l'automobile sfrecciava verso chissà dove.

                                                                III


Passarono altri tre anni e il caso volle che precisamente dopo millenovantacinque giorni Jay si ritrovasse faccia a faccia con Vì, la donna misteriosa che l'ultima volta gli aveva messo paura. Quel giorno Jay non era intimorito, né nervoso, né preoccupato, ma sorrideva come un attore e firmava infinite copie del suo bestseller. Il suo viso ormai maturo, ma bello e per nulla scavato dalla vita, bensì modellato e sistemato come il canone di bellezza lo richiede, era ovunque: copertine di riviste, spot pubblicitari, notiziari, programmi di cultura e altri di intrattenimento, sul web. Era l'uomo più chiacchierato del momento, e le chiacchiere costano care. Jay lo sapeva perfettamente e quelle chiacchiere se le faceva pagare carissime. L'editore l'aveva chiamato, riferendogli che c'era stata un'offerta da una casa di produzione cinematografica per comprare i diritti del romanzo e scriverci una sceneggiatura, e pur di scriverla l'avrebbero affidata a lui direttamente. Non si era mai sentito così energetico. Il matrimonio con la ricca imprenditrice era finito, l'aveva ormai abbandonata. Aveva succhiato da quel contratto tutto quello che gli avrebbe potuto far comodo, si era conquistato la sua fiducia, le aveva regalato il sentimento che cercava, costruendolo come solo un romanziere poteva fare. Una meravigliosa illusione disegnata per la sua fama, con gli stessi scopi di un bestseller come il suo. Una persona sola può facilmente scambiare un sentimento palesemente fasullo con un'utopia realizzata. Jay era riuscito a farsi presentare al più influente editore del paese che l'aveva pubblicizzato come se fosse stato il volto della nuova letteratura. Quel giorno era lì ad autografare i libri comprati da persone di tutte le età e ad ingigantire il proprio ego, quando il suo sguardo per caso cadde verso il bancone del bar della libreria. Poggiata su di uno sgabello c'era Vì, di una eleganza disarmante non solo per come era vestita, ma anche per la posa che pareva sempre mantenuta naturalmente. Non l'aveva più vista da quel movimentato incontro tre anni prima. Jay si scusò per la pausa che avrebbe preso, quindi si alzò e a passo lento si avvicinò alla donna.
- Ce l'ho fatta.- le disse.
- Sono contenta che tu abbia finalmente compreso come sfruttare al meglio i miei consigli.
- Ti sono riconoscente, ma ho fatto tutto da solo per arrivare fin qui. E' tutto merito mio.- le disse fiero con sfida - Bevi qualcosa?
- Sto già bevendo, grazie. Dov'è tua moglie adesso?
Jay sorrise e incrociando le braccia le si rivolse in tono sarcastico - Mi sorprende che tu non lo sappia. Ne parlano tutti i giornali e la televisione. Non avevo più bisogno di lei. - quindi si prese una pausa, poi le si rivolse diretto: - Direi che è la giusta occasione per invitarti a cena fuori, o meglio, a casa mia.
- Domani, a quest'ora.
- Perché non adesso?
La donna si alzò con delicatezza dallo sgabello e senza salutarlo si diresse verso l'uscita lenta e inesorabile.

                                                          ***

Il giorno seguente Jay si trovava nel suo loft, era da poco uscito dalla vasca ad idromassaggio e stava rilassando i muscoli, quando udì il campanello suonare. Si avvicinò con tutta calma e chiese chi fosse. Non ricevette alcuna risposta. Qualcosa gli si intrufolò nel cervello e capì che poteva essere soltanto una persona. Si decise ad aprire la porta e si ritrovò sull'uscio Vì, mascherata come sempre di impassibilità mista a indifferenza. La donna senza attendere l'invito di Jay ad entrare, si fece subito strada nell'appartamento. L'uomo la osservò perplesso.
- Prego, accomodati pure. - le disse.
- Vedo che ti sei sistemato bene.
- La fama è utile anche a questo. Posso offrirti dell'ottimo whiskey? E' invecchiato quarant'anni, me l'ha regalato il segretario di stato russo.
- Ah, tipo simpatico, il segretario.
- Tu non puoi conoscere il segretario di stato russo. - controbatté Jay con aria di superiorità. - Non personalmente, almeno. Non sei una celebrità, non ti ho mai vista in quel giro.
- Non sarò una celebrità, però sono russa. E spagnola, e americana, e italiana …
- Interessante, e parli tutte queste lingue?
- Queste e molte altre.
- Io parlo soltanto inglese, potrei chiederti di insegnarmele, ma effettivamente non mi serve conoscere tutte queste lingue. Piaccio alle persone anche soltanto per come appaio, in un mondo superficiale come quello in cui viviamo.
- A quanto pare hai finalmente imparato. - gli disse la donna ridendo.
- D'accordo, ma adesso posso sapere chi diavolo sei?
- Io rappresento tutto ciò che hai sempre desiderato.
- Tutto ciò che ho sempre desiderato l'ho ottenuto. In questo momento sei in casa mia, quindi ho finalmente ottenuto anche te. - il suo modo di parlare era controllato e cadenzato, risultava perentorio.
- E' vero, hai ottenuto tutto ciò che desideravi, denaro, successo, e la vita che hai sempre sognato. Ma su una cosa ti sbagli: non otterrai mai me completamente. - lo fissò profondamente.
- Per come sono diventato, mi prendo tutto quello che voglio. - rispose con uno sguardo altrettanto profondo Jay.
Per la prima volta in tanti anni Vì non riuscì a mantenere il suo atteggiamento di superiorità. Fu soltanto un attimo, durante il quale lo sguardo della donna cedette, le labbra si contorsero per un millesimo di secondo in una smorfia di terrore. Jay si accorse di tutto e si cibò di questa sensazione trovando ancora più determinazione, quindi le si avvicinò per baciarla. Vì provò a scappare, ma questo non fece altro che risvegliare un istinto incontrollabile in Jay che la immobilizzò per le braccia e nonostante lei si dimenasse, non poteva fare nulla. La forza di quell'uomo era alimentata dalla paura e dal rifiuto che la donna, che si trovava a sottomettere, emanava. L'abito elegante di Vì fu strappato in pochi secondi e ad ogni urlo di disperazione sprigionato dalla donna, Jay diventava sempre più eccitato, fino a penetrarla con la forza, e più lei faceva resistenza soffrendone, più lui godeva e la penetrava sempre più nel profondo della carne, fino a provare un piacere unico che lo invadeva tramite tutti e cinque i sensi. Le urla di disperazione, il contatto con una carne resistente, il profumo e il sapore di un corpo che insidiava da anni e infine la vista di quello stesso corpo dimenarsi inutilmente. Il piacere divenne insostenibile e nel momento in cui Jay stava raggiungendo l'orgasmo, improvvisamente e senza alcuna previsione, il corpo della donna che fino a poco prima stava violentando, non fece più resistenza: le urla di dolore si trasformarono in gemiti di piacere, la carne divenne calda e umida, il profumo e il sapore più penetranti e la vista non era più quella di un corpo che si dimenava, bensì quella di un corpo che si muoveva ritmicamente stimolandosi. I due raggiunsero l'orgasmo insieme. E in quel preciso istante un' energia invisibile spinse con violenza Jay contro una parete. Da un silenzio improvviso si alzò una risata profonda della donna.
- Vuoi sapere chi sono, Jay? Vuoi finalmente una risposta alla domanda che ti ha perseguitato in tutti questi anni dal primo momento in cui mi hai vista? Io sono l'essenza di qualcosa che va oltre l'umana comprensione. Io sono inesplicabile e incomprensibile per una mente limitata e finita come quella degli esseri umani. Io sono dentro di te e tutt'intorno a te. Io sono infinito e imperituro. Io esisto prima e dopo. Io sono la parte più remota e oscura di ogni essere vivente, una forza che crea e distrugge al tempo stesso. Nessun essere umano è in grado di reprimermi per quanto nel corso della propria esistenza non abbia altro obiettivo che quello di combattermi. Ma tu, e molti altri come te, oh, voi siete la mia più grande soddisfazione, il mio più grande trionfo. Quel giovedì di sei anni fa, seduto a contemplare i tuoi fallimenti, con la rabbia che ti cresceva dentro, tu mi hai chiamato, desideravi ardentemente che io corressi in tuo aiuto e ti mostrassi la via. E io te l'ho mostrata. Ti ho fatto vedere l'altra faccia della stessa medaglia. Il tuo modo di vivere fino a quel momento è stato esemplare, ma era da tanto che la tua vita aveva suscitato il mio interesse. Ogni tua delusione mi faceva avvicinare di più a te, ogni volta che venivi umiliato, o usato, o abbandonato, la distanza che avevi messo tra noi si assottigliava e io crescevo sul fondo della tua anima. Ma non avresti mai ceduto alle mie lusinghe se non mi fossi manifestato a te in una forma tanto attraente. Ed è bastato così poco. Sono bastate così poche parole per farti finalmente cedere, per abbattere qualunque barriera morale tenesse a freno la tua ambizione, inibendola, e annegandoti in un mare di insoddisfazione. Possibile che in tutti questi anni tu non l'abbia capito? Jay io sono la voce che ha sussurrato al tuo orecchio per far risvegliare il tuo istinto primordiale. Io sono il freddo calcolo mentale che ti ha condotto alla realizzazione di tutti i tuoi sogni. Sono la parte di te che non sarai più in grado di reprimere. La tua anima mi appartiene. E sei stato proprio tu a cedermela, giorno dopo giorno, per sei anni. E adesso è arrivato il momento di possederti completamente. Non trovi che sia ironico? Mi hai fatto venire qui, in questa forma umana, credendo di poter avere il mio corpo, finalmente in un modo o nell'altro, e hai penetrato la mia carne con la forza, senza renderti conto che in realtà sono io che ho avuto te, dopo tutto quel corteggiarti. E ora sei mio.

Appena finì di parlare, la donna si alzò dal letto, ancora nuda, e iniziò ad avvicinarsi a Jay con passo lento e sensuale, tenendo piantati gli occhi in quelli dell’uomo spaventato, quasi rannicchiato contro la parete, confuso, spiazzato. Vì, o qualunque fosse il suo nome, gli si parò davanti, essenza e corpo, invadendolo con il proprio calore. Allungò la mano destra verso il volto dello scrittore, gli accarezzò la nuca, e poi fece scivolare la mano sul collo, premendo con le unghie fino a farlo sanguinare. Jay era terrorizzato e l’unica cosa che poté fare fu non reagire e cedere, soccombere alle intenzioni di quella donna, di quell’essere, che stava avvicinando le proprie labbra ardenti alle sue: iniziò a baciarlo avidamente, come se volesse divorarlo. Quello scambio di passioni tra i due volse al termine nel momento in cui Vì iniziò a rarefarsi e a penetrare Jay dalla bocca. Quel corpo di donna scomparve in un vortice, ma la sua essenza era ormai nel corpo dell’uomo, congiunta con l’energia pura che egli stesso aveva creato dentro di sé. E adesso si sentiva completo, forte del male che aveva coltivato in tutti quegli anni.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi ha ricordato Il Lupo della Steppa di Herman Hesse, in cui c'è una donna che ha più o meno la stessa "funzione" che ha Vi nel racconto. Al trentatreenne ho pensato subito che Jay fosse la rappresentazione di un Gesù scrittore moderno e frustrato, ma al di là di un "messia" buttato lì non ho trovato altri riferimenti, per cui non sono sicuro che fosse in effetti questa la vostra intenzione. Bhe comunque è la versione moderna del diavolo che tenta Gesù nel deserto. La cosa bella è che cristo e satana sono la stessa cosa perchè satana è figlio di gesù. E' gesù a creare satana, è gesù a violentare satana, è satana a umiliare gesù nell'immagine finale, che da un lato è un' altra penetrazione (una donna che invade un uomo), un altro orgasmo (una donna che invade un uomo), dall'altro è l'umiliazione del rendersi conto che ciò che ci rende forti è proprio il male, e l'umiliazione sta, appunto, in una donna che invade un uomo, lo stupratore che viene stuprato...da se stesso. Come nota a margine, lo stupro che si trasforma in meraviglia è un pezzo forte del mio romanzo preferito, la fonte meravigliosa. Il protagonista, fino a quel momento perfetto (tutt'altro rispetto a Jay by the way), commette un'azione così miserabile che però per qualche strano motivo non riesce a destare biasimo nel lettore, anche perchè lì non c'è il contrappasso, mentre Jay alla fine viene schiacciato. Complimenti molto bello !

Il Losco ha detto...

Dottori, i miei complimenti.
Il racconto è lungo, ma scorre tranquillamente e si legge con piacere. A tratti, a dirla tutta, mi ha ricordato il film L'Avvocato del Diavolo.
Tanto di cappello

vorgh ha detto...

Caro anonimo, ti ringrazio per l'accurata lettura che hai dedicato al nostro racconto. Comunque volevo puntualizzare che il Jay trentatreenne è davvero un riferimento a Cristo, come hai ben notato, mi fa piacere che tu l'abbia anche espresso nel tuo commento. Ci piacciono i lettori come te!

Anonimo ha detto...

A me piacciono autori come voi !!
Al prossimo racconto ;)